Vai al contenuto principale

Case energivore: quali sono e come migliorarle

La Direttiva Case Green appena approvata in Europa punta a zero emissioni nocive dagli immobili entro il 2050. I primi che dovranno essere riqualificati sono quelli ad alto consumo di energia. Ecco come identificarli e quali azioni mettere in campo.

Se potessimo scattare dall’alto una fotografia del nostro paese e di tutte le case presenti, capiremmo come un terzo della popolazione italiana vive in case “energivore”.

Di cosa stiamo parlando

Si tratta di quelle abitazioni che, come suggerisce il nome, consumano grandi quantità di energia per alimentarsi. Parliamo di palazzi (vecchi e nuovi) costruiti quando c’era una scarsa attenzione alle tecniche e ai materiali di costruzione e, più in generale, realizzati senza alcuna preoccupazione nei confronti dell’ambiente. Purtroppo, nel nostro caso, la maggioranza.

Nel tempo, a partire da quando la sensibilità verso la transizione energetica sostenibile, ha iniziato a far presa su Governi e cittadini, è stata introdotta una classificazione degli immobili sulla base proprio delle loro prestazioni energetiche.

Le classi sono 10 e vanno dalla A4, la migliore, alla G ossia quella che indica la minor efficienza dal punto di vista energetico. Gli immobili detti “energivori” sono quelli che appartengono alle classi energetiche più basse.

L’introduzione nel 2015 di questa nuova classificazione tiene conto di diversi fattori, tra cui le prestazioni di ogni singolo servizio energetico dell’immobile e l’efficienza dell’involucro, quest’ultimo ormai elemento centrale nel calcolo complessivo della classe energetica.

La situazione in Italia

Oggi grazie alla direttiva europea EPBD (Energy Performance of Building Directive), ribattezzata direttiva “Case Green”, qualcosa sta cambiando; l’obiettivo è quello di ridurre le emissioni di CO2 e il consumo massiccio di energia nel settore edile entro il 2030 per azzerarlo entro il 2050.

Il problema però è che il 74% degli edifici nel nostro paese ha una classe energetica inferiore alla D e nonostante gli italiani percepiscano la necessità di migliorare l’efficienza energetica della propria casa conoscono poco o nulla degli aspetti più tecnici riguardo le classi energetiche e le normative in vigore. Come risulta dalla survey Agos Insights solo il 35% dei cittadini conosce a quale classe energetica appartiene il proprio immobile.

Oggi però qualcosa si sta muovendo. Grazie alla direttiva UE e alla lunga discussione che ha tenuto banco in Europa per anni, il tema è tornato in cima all’agenda politica e al centro del dibattito pubblico. Molte sono le iniziative e gli incentivi messi in atto dai diversi governi europei, compreso quello italiano, che hanno portato a normative più stringenti sia nella costruzione di nuovi edifici sia nella ristrutturazione di quelli già esistenti.

LEGGI QUI COSA DICE LA SURVEY AGOS INSIGHTS SU QUESTO TEMA

Come intervenire su una casa energivora

È possibile trasformare la propria casa “energivora” in una casa più sostenibile e meno inquinante, andando a migliorarne le prestazioni energetiche. Questo significa mettere in atto una serie di migliorie che avrebbero anche l’effetto positivo di aumentarne il valore economico sia in ottica di futura vendita sia nel caso di locazione dell’immobile stesso. Certo, gli investimenti da fare saranno importanti, e altrettanto importante sarà conoscere quali incentivi i governi attuali e futuri decideranno di mettere in campo per sostenere le famiglie in questo percorso.

Secondo quanto riportato dal Codacons, infatti, i costi di riqualificazione degli edifici potranno oscillare tra i 35.000 e i 60.000 euro.

Queste le quattro azioni principali che potranno essere messe in campo.

  • Realizzare o ristrutturare il cappotto termico dell’edificio. Parliamo di un sistema di isolamento capace di ottimizzare le prestazioni energetiche garantendo un’ottima coibentazione termica e acustica e aumentando così il comfort bioclimatico;
  • Sostituire i vecchi infissi con modelli a taglio termico. L’intento è smorzare il flusso di calore, così da evitare qualsiasi dispersione termica tra interno ed esterno;
  • Installare un impianto fotovoltaico. Come evidenziato in un recente rapporto del GSE, negli ultimi anni si è assistito a una forte crescita nel settore. Nel primo trimestre del 2023 si è registrato un incremento complessivo dell’8,4% di unità installate rispetto a fine 2022;


  • Sostituire le vecchie caldaie a metano con caldaie a pompa di calore. Il vantaggio è limitare al minimo il consumo di energia da fonte fossile e permettere un considerevole risparmio in bolletta. Secondo uno studio realizzato dal BEUC, l’organizzazione europea dei consumatori, l’installazione di un impianto a pompa di calore garantirebbe a una famiglia di risparmiare fino a 385 euro l’anno.